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11 Feb, 21

Il Legal Drama fra cinema e televisione. Su Bonculture.it, l’articolo dell’avvocato Noemi Cionfoli

Bonculture.it, quotidiano on line di approfondimento culturale, pubblica oggi l’interessante articolo sul tema “Legal Drama”, firmato dalla nostra Noemi Cionfoli, avvocato penalista e nostro consulente per il settore audiovisivo, che tratteggia il genere cinematografico cult, soffermandosi sulle implicazioni tra fiction e realtà professionale.

 

Perry Mason (Raymond Burr)

Il genere cinematografico giudiziario, – cosiddetto Legal Drama, Legal ThrillerCourtroom Drama – ha sempre riscosso un ottimo seguito di pubblico: un trend che sembra essere ulteriormente in crescita, con l’avvento sulle piattaforme streaming di nuove serie tv ambientate nel mondo legale.

La rappresentazione dell’avvocato nel cinema ha restituito agli spettatori, nel corso degli anni, una oscillazione fra tipizzazioni estreme: se è vero che il denominatore comune a tutte le messe in scena è quello del legale brillante nel trovare le soluzioni, fedele allo svolgimento del proprio mandato e intuitivo nella ricerca di linee difensive, è altrettanto vero che la trasposizione della professione forense sullo schermo risulta, troppo spesso, eccessivamente falsata da esigenze e ritmi della finzione scenica.

Non c’è dubbio che questa alterazione sia del tutto fisiologica, quando il protagonista-avvocato è un personaggio immaginario: l’effetto collaterale, tuttavia, è quello di ingenerare nel pubblico convinzioni errate circa la realtà degli ambienti giudiziari.

E questo, almeno ai colleghi in carne e ossa, non passa inosservato.

In principio fu Perry Mason: l’avvocato vincente per antonomasia, avvolto in eleganti abiti scuri e immancabili pochette da taschino, che accettava di rappresentare solo clienti della cui innocenza era già fermamente convinto. La sua abilità consisteva fondamentalmente nel portare alla luce la verità, dimostrando l’estraneità ai fatti del suo assistito e conducendo alla condanna del vero colpevole.

Il suo rigore morale, se da un lato eleva all’ennesima potenza le possibilità di vittoria del protagonista – Mason perderà, infatti, un solo un processo in tutta la sua carriera televisiva – dall’altro mette in evidenza tutti i limiti di una eccessiva semplificazione della figura professionale. Una caratterizzazione spiccatamente dicotomica che oggi, infatti, pare del tutto superata. Non a caso, la riscrittura del personaggio di Perry Mason per l’omonima serie, che ha debuttato negli Stati Uniti a giugno 2020 (ora in Italia su Sky Atlantic), lo ripropone in tutt’altra veste: un detective agli esordi, con la tendenza ad alzare il gomito e lo spettro post-traumatico della trincea di guerra in cui ha combattuto.

Nel periodo del primo Perry Mason, l’Italia non conosceva ancora la serialità televisiva di genere legal: la comparsa, a metà degli anni ’60, delle prime fiction a episodi, accanto ai più famosi sceneggiati, aveva infatti come protagonisti investigatori ispirati ai protagonisti di romanzi gialli di successo, come Nero Wolfe o il Commissario Maigret.

Gli avvocati spadroneggiavano, piuttosto, nelle commedie, ed erano rappresentati con tratti spiccatamente macchiettistici, quasi fossero una nemesi dell’austero collega americano interpretato da Raymond Burr.

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