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05 Giu, 23

Redazione del Piano genitoriale, quale ruolo per il difensore

Il 31 maggio 23, Michela Labriola su Norme e Tributi Plus

La riforma della procedura civile sul diritto di famiglia ha dato i compiti a casa ai difensori dei genitori: la redazione del “piano genitoriale” (p.g.) da allegare nel momento della crisi familiare.

L’art. 473-bis.12 c.p.c. all’ultimo comma recita: «Nei procedimenti relativi ai minori, al ricorso è allegato un piano genitoriale che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute».

È evidente, dal tenore letterale della norma nel suo complesso, che tale incombenza debba essere perfezionata a cura del difensore di ciascun genitore.

È, altresì, previsto, ai sensi dell’art. 473-bis.50, che disciplina i provvedimenti temporanei ed urgenti nella sezione relativa alla separazione, divorzio e regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, che il giudice possa formulare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti, il che significa che, discrezionalmente, se ne possa discostare.

Già all’indomani dell’entrata in vigore della riforma sono scoccate le prime scintille interpretative: sul contenuto del piano e sugli argomenti da sviluppare, sulla modalità di inserimento nell’atto introduttivo, sulla obbligatorietà della previsione anche in ipotesi di contestualizzazione dei giudizi o dei figli maggiorenni non autonomi economicamente.

Nel tentativo di accorpare i dubbi e, quindi, tentare di indicare strade più possibili omogenee tra loro, sono stati previsti in alcuni Tribunali dei protocolli e delle linee guida e sono state, in ultimo, fornite alcune indicazioni da parte del CNF, che si prestano ad alcune criticità.

La sezione II, capo III, libro secondo del nuovo c.p.c. che, come prima accennato regolamenta la procedura nei casi separativi e divorzili, inserisce l’ipotesi dello scioglimento dell’unione civile, quindi, preliminarmente, si pone, una questione di natura lessicale: il fatto che la riforma, in tema di filiazione, non faccia più distinzioni, nella risoluzione giurisdizionale e di composizione alternativa del conflitto, tra la coppia genitoriale matrimoniale e quella di fatto, è stata presa in dovuta considerazione nella nuova legge che si riferisce anche alle coppie same sex. Quindi, la Comunicazione, ai sensi dell’art. 473 bis .12 c.p.c., ultimo comma, inviata a tutti gli iscritti dal CNF e che contiene la modalità di redazione del p.g. avrebbe dovuto uniformarsi a tale previsione normativa. Di contro, l’idea che emerge è che la famiglia sia composta sempre da “un padre e una madre“. Tra le altre cose, un po’ discostandosi dagli ultimi dibattiti sul linguaggio di genere, anche i figli e i minori sono citati sempre al plurale maschile.

Questa approssimazione è sintomo di uno sguardo, non sempre adeguato ai tempi, ancora presente sul concetto di famiglia.

Nel contenuto delle singole informazioni che andranno riportate al giudice nel p.g. emerge come, nell’ansia di dettagliare il più possibile le notizie riguardanti il figlio, vi siano alcuni dati sensibili sotto il profilo del diritto alla privacy.

L’elenco riporta: «Eventuali disturbi dell’apprendimento. Lezioni private. Con quale frequenza si è fatto ricorso al pediatra privato. Eventuali patologie dei figli che meritano particolare attenzione (diabete infantile, celiachia, allergie respiratorie o alimentari, altro). Eventuali medici specialisti a cui ci si è rivolti nel corso degli ultimi tre anni. Farmaci (non da banco) regolarmente assunti dai figli».

La Convenzione di New York del 1989, sui diritti dell’infanzia, alla quale l’Italia ha aderito, dichiara all’art. 16 che «Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti, che nessun minorenne deve subire interferenze nello svolgimento della sua vita privata, neanche da parte dei genitori ».

Sempre nel solco della normativa internazionale si leggano gli artt. 7 («Rispetto della vita privata e della vita familiare. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni») e 8 (« Protezione dei dati di carattere personale. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un’autorità indipendente») della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea.

Nello specifico, va operata una ulteriore riflessione sull’età del figlio minore. Il c.d. grande minore, tra i 12 e i 18 anni, è titolare, in proprio, del diritto al consenso informato alla diffusione dei suoi dati personali. Con particolare riferimento alla normativa italiana, l’art. 2-quinquies del D.lgs. 101/2018 dichiara che il minore, che abbia compiuto i 14 anni, può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ipotesi che, per analogia, si applica ad ogni informazione diffusa all’esterno.

A titolo esemplificativo, ci si può trovare di fronte ad un minore, in transizione sessuale cui è possibile per legge decidere per sé già dall’età di 14 anni, in cura ormonale, che non intenda rendere edotto uno dei due genitori, e per cui è stata attivata la procedura della nomina di un curatore speciale. In tal caso, l’obbligo di indicare tale decisione nel p.g. si palesa violativo del diritto del minore al rispetto alla propria identità. Sul punto è indubbio che il genitore pretermesso potrà, sulla base delle indicazioni fornite dal CNF, rivendicare un obbligo di disclosure, con evidente lesione di un diritto fondamentale della persona.

Un altro esempio meno suggestivo, ma altrettanto attuale, è quello del minore che effettui ripetizioni private. Potrebbe darsi il caso che questi, in accordo con uno dei due genitori, non voglia far conoscere questa circostanza all’altro genitore, la scelta, com’è noto non implica un obbligo di condivisione genitoriale. Ci si chiede quale ripercussione possa avere il genitore che ha inteso tacere una condizione di momentanea difficoltà scolastica del figlio adolescente.

Sotto questo profilo, appare eccessivamente sanzionatoria la previsione, art. 473-bis.50, in base alla quale il giudice indica quali sono le informazioni che ciascun genitore deve obbligatoriamente comunicare all’altro, probabilmente, anche a discapito di una espressa richiesta di riservatezza da parte di un figlio.

Il dettaglio sulle informazioni della vita del minore, così formulato dai protocolli e dalla linee giuda, che non tiene conto della volontà di quest’ultimo di non rendere edotti alcuni particolari della propria vita privata a terzi – anche al giudice – o ad uno dei due genitori e che nella riforma è funzionale a dirimere un contenzioso tra i genitori, finisce per ridurre la quotidianità del figlio ed un elencazione di regole predefinite – talvolta contrarie alla sua privacy – da cui il giudice può, peraltro, discostarsene.

Poiché, il deposito deve essere effettuato, separatamente, da parte di entrambi i genitori, con due prospettazioni slegate tra loro, è possibile che si palesino contraddizioni e contrasti sulla diversa percezione personale vissuta nell’ambito della famiglia e sulle eventuali aspettative educative e di crescita per la prole. È, comunque, presente il rischio che il piano genitoriale descriva un desiderio utilitaristico o proiettivo del genitore, il quale non riferisce solo i dati fattuali dell’attività quotidiana del figlio, ma anche, con un po’ di individualismo, qual è la migliore scelta di vita per sé.

Vi è, inoltre, che le elencazioni e le specificazioni contenute nel piano genitoriale riflettano, in qualche misura, l’esigenza di accertamento, da parte del giudice, sulla consistenza del tenore di vita, con evidenti rimandati anche di carattere economico e patrimoniale.

Non è ancora chiaro, se vi sia, in un secondo momento, la possibilità di depositare un nuovo p.g. rivisitato a causa del mutamento di alcune circostanze di vita del figlio. L’abitualità ha una dimensione spazio-temporale che tende a cambiare in ragione dell’età della prole e così, in ultimo, ad esempio, la indicazione delle vacanze godute sconta, inevitabilmente, il probabile ridimensionamento patrimoniale della famiglia disgregata, ovvero mette in luce la sperequazione economica tra il genitore che, in ipotesi, può continuare ad effettuare dei viaggi nei periodi di vacanza e quello che non sarà più in condizione di permetterseli.

Bisognerà, quindi, consentire alle parti, in corso di causa, di poter integrare l’inventario sulla vita personale, scolastica e amicale del minore con la introduzione di quei dati aggiuntivi, imprevedibili in precedenza, che riempiano di senso compiuto quegli aggettivi affetti da genericità.

Lo stesso dicasi per l’elenco delle frequentazioni parentali ed amicali, collocate in uno schema che, normalmente, nella vita delle famiglie ha il connotato della fluidità. Il difensore che dovrà redigere, con l’aiuto del genitore, il p.g. non avrà vita facile perché sarà tenuto a bilanciare anche l’esigenza del figlio di mantenere la propria riservatezza. Su tale presupposto, si pone il margine di intervento ex officio da parte del giudice, qualora questi ritenga che i genitori non abbiano volontariamente e consapevolmente comunicato elementi utili alla decisone.

Si può immaginare, sulla base del tenore dell’art. 473-bis.50, che il tribunale possa procedere ad un’attività di indagine più approfondita sulla vita del minore, discostandosi dalle scelte di allegazione da parte dei genitori che presentino, volutamente, lacunosità e genericità.

La norma prevede che il p.g. possa essere formulato dal giudice, già con l’emanazione dei provvedimenti temporanei ed urgenti, quindi, in fase preistruttoria, e che il mancato rispetto da parte dei genitori configuri comportamento sanzionabile ai sensi dell’art. 473-bis.39.

Tale conclusione potrebbe essere foriera di ulteriori conflitti qualora non si affronti l’obbligo della allegazione del p.g. con una certa duttilità.

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