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02 Apr, 21

D.LGS. 27/2021 – Reati alimentari e nuovo regime dei controlli ufficiali

Sommario: 1) Introduzione. 2) Le modifiche del sistema sanzionatorio penale in materia di alimenti. 2.1) L’abolitio criminis. 2.2) Il d.l. del 19 marzo 2021. 3) Le modifiche al sistema dei controlli ufficiali in campo alimentare. 3.1) Il nuovo assetto istituzionale. 3.2) L’assetto di competenze. 3.3) Il PCNP. 3.4) Campionamenti, analisi e controperizie.

 

  1. Introduzione

Il 26 marzo è entrato in vigore il D.Lgs. n. 27/2021 di adeguamento della normativa italiana al regolamento (UE) 2017/625.

L’art. 18 del nuovo decreto – prevedendo l’abrogazione di gran parte della Legge n. 283/1962 sulla “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” – ha destato grande stupore, perché in controtendenza rispetto ai precedenti disegni di legge che, al contrario, miravano all’affinamento del sistema sanzionatorio delle frodi alimentari, con la previsione di una specifica aggravante in caso di “falso bio”, alla creazione della emblematica figura di “disastro sanitario”, fino all’inclusione di tali reati nel novero di quelli rilevanti ai fini della responsabilità da reato delle persone giuridiche.

Il decreto riserva sorprese anche in tema di controlli ufficiali, modificando l’assetto delle competenze istituzionali ed introducendo il principio della classificazione del rischio nella programmazione dei controlli di sanità animale e sicurezza alimentare.

 

  1. Le modifiche del sistema sanzionatorio penale in materia di alimenti.

2.1. L’abolitio criminis.

La depenalizzazione disposta dall’art. 18 aveva ad oggetto le fattispecie criminose previste dagli artt. 5, 6, 12 e 12-bis della legge n. 283/1962 e, dunque, le ipotesi relative ad alimenti o bevande:

  • privati dei propri elementi nutritivi, mescolati con sostanze di qualità inferiore o trattati in modo da modificarne la composizione naturale;
  • in cattivo stato di conservazione;
  • con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti;
  • con aggiunta di additivi chimici non autorizzati;
  • con residui di prodotti tossici utilizzati in agricoltura per la protezione delle piante,

per le quali, unitamente alle pene dell’arresto e dell’ammenda, sono altresì previste sanzioni accessorie, come la chiusura dello stabilimento o la revoca della licenza.

Se non vi fosse stato un successivo intervento legislativo, tale abolizione avrebbe travolto anche tutti i reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 27/2021 – ossia il 26 marzo 2021 – con effetti retroattivi, altresì, sulle sentenze di condanna già divenute irrevocabili, in ossequio al principio generale sancito dall’art. 2 c.p., secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.

Il tutto con conseguente trasformazione delle contravvenzioni alimentari originariamente previste dagli articoli abrogati in meri illeciti amministrativi, con i limiti tuttavia dettati dall’assenza di una tutela amministrativa dal simmetrico contenuto omnicomprensivo (al contrario, vi sono rimedi segmentati per ciascun comparto, sostanza o processo tecnologico, connotati in termini di marcata specialità).

2.2. Il Decreto Legge del 19 marzo 2021.

Per tali ragioni il 19 marzo scorso il Governo ha promulgato un Decreto Legge al precipuo fine di evitare l’abrogazione dei predetti reati, che avrebbe lasciato un vuoto normativo difficilmente recuperabile, pur a fronte delle specifiche ipotesi già contemplate nel codice penale.

Come si legge nel comunicato stampa emesso all’esito del Consiglio dei Ministri, “le norme introdotte hanno lo scopo di evitare un effetto abrogativo di tutte le disposizioni sanzionatorie di carattere penale e amministrativo di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, realizzato con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27, nonché di alcuni articoli del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.

La vicenda ha, com’è ovvio, sollevato non pochi dubbi.

In primo luogo, lo schema del D.Lgs. n. 27/2021, sottoposto dall’esecutivo al previsto parere parlamentare, non recava l’abrogazione in oggetto, che è stata invece inserita all’esito dell’intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 3.12.2020.

L’abrogazione avrebbe, dunque, potuto configurare un vizio procedurale di eccesso di delega ai sensi dell’art. 76 Cost., in ragione del mancato rispetto dei principi e dei criteri direttivi impartiti dal Parlamento, con conseguente dubbio in ordine alla legittimità costituzionale dell’art. 18 del citato decreto.

Difatti, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di evidenziare che “la verifica sull’esercizio da parte del Governo della funzione legislativa delegata assume il ruolo di strumento di garanzia del rispetto del principio della riserva di legge in materia penale (…) si rischierebbe altrimenti di creare zone franche dell’ordinamento, sottratte al controllo di costituzionalità, entro le quali sarebbe di fatto consentito al Governo di effettuare scelte politico-criminali, che la Costituzione riserva al Parlamento, svincolate dal rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante, eludendo così il disposto dell’art. 25 comma 2 cost.” (così Corte Costituzionale, 23.1.2014, n. 5).

Sotto altro profilo, tuttavia, possono essere sollevati dubbi anche in ordine alla legittimità del successivo intervento normativo d’urgenza, attraverso lo strumento del decreto legge cui, ai sensi dell’art. 77 Cost., si dovrebbe ricorrere solo “in casi straordinari di necessità e d’urgenza”.

Se, dunque, il Governo può sostituirsi alle Camere ed approvare un atto avente efficacia di legge solo quando la straordinarietà del caso impedisca alle stesse di intervenire tempestivamente attraverso il procedimento ordinario, non può certamente passare inosservato che, nel caso di specie, la decretazione d’urgenza sia stata adottata al solo fine di porre rimedio ai rischi (generati dallo stesso Esecutivo) derivanti dall’entrata in vigore di altra fonte normativa.

Peraltro, è vero che la straordinarietà del caso – tale da imporre la necessità di dettare con urgenza una disciplina in proposito – può essere dovuta ad una molteplicità di situazioni (eventi naturali, comportamenti umani, atti e provvedimenti di pubblici poteri), in relazione alle quali non sono configurabili rigidi parametri, ma è anche vero (e parrebbe proprio il caso di specie) che l’utilizzazione del decreto legge “non può essere sostenuta dall’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta” (così, C. Cost., sent. n. 171/2007).

Non resta, quindi, che attendere l’(eventuale) legge di conversione.

 

  1. Le modifiche al sistema dei controlli ufficiali in campo alimentare.

3.1 Il nuovo assetto istituzionale.

Le decisioni adottate in sede europea incidono direttamente sulle disposizioni riguardanti alimenti, sicurezza alimentare ed attività di informazione verso i consumatori. L’obiettivo è quello di rinnovare l’apparato dei controlli ufficiali effettuati nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione.

Come evidenziato dallo stesso legislatore europeo, il sistema dei controlli potrà dirsi davvero efficace solo nel momento in cui ogni Stato membro sarà in grado di assicurare un coordinamento “efficiente ed efficace” tra tutte le autorità coinvolte nelle attività di controllo.

Il suggerimento si rivolge a tutti i paesi che intendano conferire la responsabilità di organizzare o effettuare controlli ufficiali – o altre attività ufficiali per lo stesso settore – a più di una autorità competente, a livello nazionale, regionale o locale.

La risposta italiana è arrivata con il D.Lgs. 27/2021.

Innanzitutto, la cabina di regia viene affidata al Ministero della Salute che, in base all’art. 2, diventerà sia “l’Autorità unica per coordinare la collaborazione e i contatti con la Commissione europea e gli altri Stati membri”, sia “l’organo di collegamento responsabile di agevolare lo scambio di comunicazioni tra le Autorità competenti in relazione ai controlli ufficiali” per i settori ad esso attribuiti.

Anche il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali svolgerà compiti di collegamento per lo scambio di comunicazioni tra le autorità competenti degli Stati membri ma, come si vedrà, la differenza, rispetto al ruolo affidato al Ministero della Salute, risiede nella ripartizione per settori di controllo.

Residui compiti di controllo, infine, vengono assegnati al Ministero della Difesa per le sole attività svolte all’interno delle strutture delle Forze Armate.

 

3.2. L’assetto di competenze.  

Per il riparto deve essere fornita particolare attenzione all’oggetto dei controlli ufficiali, come definito dal combinato disposto degli artt. 1 e 4 del Regolamento (UE) n. 2017/625.

Il Ministero della Salute, le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali pianificheranno ed eseguiranno i controlli per (i) alimenti e sicurezza alimentare, in tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione, compresi i profili connessi alle indicazioni nutrizionali “e il loro coinvolgimento nel mantenimento dello stato di salute fornite sui prodotti alimentari” (es. allergeni ed OGM); (ii) mangimi e sicurezza dei mangimi; (iii) salute e benessere degli animali; (iv) uso di prodotti fitosanitari.

Il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali sarà invece competente per i controlli connessi a (i) alimenti, con specifico riferimento alle norme tese a garantire pratiche commerciali leali ed a tutelare l’informazione dei consumatori (es. etichettatura con esclusione dei profili legati alla sicurezza degli alimenti); (ii) mangimi, per il profilo qualitativo e merceologico; (iii) misure di protezione per gli organismi nocivi alle piante; (iv) produzione biologica ed etichettatura degli alimenti bio; (v) uso ed etichettatura delle denominazioni di origine protetta.

Pare evidente che, il riparto di competenze sia stato disposto in base alle differenti finalità istituzionali dei due dicasteri.

 

3.3. Il Piano di Controllo Nazionale Pluriennale (ex Piano Nazionale Integrato). 

Inoltre, il Ministero della Sanità è investito del compito di redigere il cd. “Piano di Controllo Nazionale Pluriennale – PCNP”; tale documento, elaborato ai sensi del Titolo V del Regolamento (UE) 2017/625, descrive il sistema dei controlli ufficiali lungo l’intera filiera alimentare, al fine di verificare la corretta applicazione della legislazione UE.

La struttura del Piano ripropone la divisione “per settore di controllo ufficiale”, individuata dall’art. 1, par. 2, Regolamento (UE) 2017/625, con l’espressa indicazione delle categorie di rischio.

Vengono quindi fornite importanti indicazioni agli operatori in ordine alle ragioni dei controlli.

Infatti, l’art. 9, Regolamento (UE) 2017/625 afferma espressamente che verranno presi in considerazione i rischi associati (i) a “animali, merci, attività e luoghi delle attività” degli operatori; (ii) all’impiego di sostanze, prodotti e processi che possano incidere sulla salubrità ed integrità degli alimenti, piante, mangimi ed animali; (iii) alla presenza di informazioni “indicanti la probabilità che i consumatori siano indotti in errore, in particolare relativamente alla natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, il periodo di conservazione, il paese di origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o produzione degli alimenti”; (iv) agli esiti di precedenti controlli effettuati dalle Autorità preposte in ordine alla conformità normativa degli operatori.

In definitiva, quindi, rivestirà notevole importanza l’affidabilità dei controlli effettuati direttamente dagli operatori sui propri processi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti, sia sotto il profilo della sicurezza alimentare, sia in relazione alle informazioni fornite ai consumatori.

Da ultimo, deve evidenziarsi che gli obiettivi del PCNP, definiti in sede di Conferenza Stato – Regioni, indicano i settori verso cui le Autorità rivolgeranno la propria futura attenzione nella programmazione dei controlli.

Ad esempio, il PCNP 2020 – 2022, valido per il prossimo triennio, è finalizzato, in linea generale, alla tutela del consumatore “mediante il mantenimento di un elevato livello di protezione della salute umana, della salute degli animali, della sanità delle piante e della sicurezza alimentare”, menzionando, come obiettivo strategico specifico, il contrasto alle frodi e agli illeciti a danno dei consumatori e degli operatori, anche nei settori del biologico e delle Indicazioni Geografiche registrate.

 

3.4. Campionamenti, analisi e controperizie.

Il Regolamento (UE) 2017/625, facendo fronte alla enorme frammentarietà – o totale assenza – delle disposizioni in tema di analisi, prove e campionamenti, individua una vera e propria ‘gerarchia delle fonti’ al fine di fornire un riferimento – più o meno certo – ad operatori ed Autorità.

Per campionamenti, prove, analisi e diagnosi verranno in rilievo le disposizioni dell’Unione e, in caso di lacune normative tali da non permettere l’individuazione di arti o tecniche ben definite, viene espressamente previsto l’utilizzo alternativo di:

(i) metodi disponibili conformi a pertinenti norme o protocolli riconosciuti internazionalmente, compresi quelli accettati dal comitato europeo di normalizzazione (CEN); o metodi pertinenti sviluppati o raccomandati dai laboratori di riferimento dell’Unione europea e convalidati in base a protocolli scientifici accettati internazionalmente;

(ii) in assenza delle norme o dei protocolli appena citati, metodi conformi alle norme pertinenti definite a livello nazionale.

Le ampie garanzie concesse dal legislatore europeo sono state accolte ed ampliate dal D.Lgs. 27/2021 in sede di adeguamento della disciplina interna.

Difatti, viene anzitutto raccomandato alle Autorità un prelievo di campioni in quantità sufficiente ad assicurare l’aliquota destinata all’operatore: in tal modo, quest’ultimo potrà effettuare analisi presso un laboratorio accreditato di sua fiducia.

Viene poi introdotto l’istituto della cd. “controperizia”: l’operatore ha diritto di fare condurre, a proprie spese, una controperizia a cura di un esperto di parte qualificato, consistente nell’esame documentale delle registrazioni inerenti alle attività condotte, dal momento del campionamento sino all’emissione del rapporto di prova relativo alla singola analisi, prova o diagnosi.

Chiaramente, rientra nella controperizia anche la possibilità di effettuare nuove analisi e diagnosi; il tutto dovrà essere richiesto all’Autorità competente entro e non oltre 15 giorni dalla comunicazione dell’esito sfavorevole.

Qualora anche la controperizia dovesse concludersi con esito sfavorevole, l’operatore potrà inoltre attivare la procedura di controversia, ex art. 8 D.Lgs. 27/2021, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione negativa di controperizia.

                                                           Avv.ti Andrea Di Comite, Federico Straziota, Isabella Nuzzolese, Mirco Semeraro

 

Approfondimento POLIS_Reati alimentari e controlli

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